Il giro dei 2 mari secondo Marzia

Lettera di Marzia, scritta dalla sorella Valentina Raineri

Il popolo dei ciclisti si è mosso in modo del tutto spontaneo per il Giro, e quella che era una semplice iniziativa solidale adesso è un gruppo, un’identità, una famiglia che continua a crescere e fare del bene. Ciò che ci avete dato, anche per pochi minuti o pochi chilometri, ha contribuito a rendere possibile tutto questo e ci aiuta ad avere la certezza di realizzare sempre di più.

 

L’accoglienza, la promessa di abbattere una barriera, per noi ma soprattutto per la loro città, ha responsabilizzato e aperto gli occhi di molti sindaci, sensibilizzato innumerevoli comunità e gettato le basi per una importante crescita a livello umano.

 

Ancora una volta, grazie, perchè niente di tutto questo sarebbe stato possibile senza l’aiuto di tutti.

 

Quando mi trovo a riflettere come sto facendo adesso, penso che sono davvero molto grata alla vita per avermi dato tanto, nonostante tutto ciò che mi ha tolto. Perchè anche se è vero che molte possibilità mi sono state precluse, non potrei non essere profondamente grata per il modo in cui ogni difficoltà mi sia servita da stimolo per migliorarmi costantemente e migliorare il mondo intorno a me, ovvero la nostra comunità. Forse una comunità sempre più grande in futuro, soprattutto dopo il riscontro, così positivo, di questa iniziativa, il Giro dei due Mari con Marzia, giunta quasi alla terza edizione.

 

Si dice che niente accada per caso, infatti non credo siano mai state casuali le mie caratteristiche, come ad esempio la mia predisposizione verso gli altri e una maggiore sensibilità, se vogliamo, nei confronti di chi è meno fortunato, come chi non può muoversi da solo e sta in sedia rotelle. Non sopportavo di pensare che queste persone non potessero accedere a determinate strutture e servizi, o fare determinate cose che per me e tutti gli altri erano normali e semplici. Mi sono resa conto che era arrivato il momento di fare qualcosa per cambiare questa realtà.

 

Penso anche che questa necessità sia nata in me soprattutto perché anch’io, seppure in misura minore rispetto ad altri, mi sono spesso ritrovata a fare i conti con delle barriere fisiche, e che il bisogno di cambiare le cose sia dovuto soprattutto alle barriere mentali che io e la mia famiglia ci siamo spesso ritrovati a fronteggiare, in particolare quando frequentavo la scuola. Parlo di barriere mentali perché molto spesso non sono solo le disabilità fisiche o l’impossibilità di compiere determinate azioni che ci fanno sentire diversi dagli altri, ma anche soprattutto il modo in cui questi ultimi spesso si rapportano a “noi” e alla nostra condizione.

 

Non parlo solo di quel senso di emarginazione dovuto all’ impossibilità fisica di fare qualcosa, che può o non può indurre gli altri a vederci in modo diverso: mi riferisco soprattutto all’attenzione e alla considerazione che risiedono anche nei gesti quotidiani di un insegnante, ad esempio, o di una classe, piuttosto che di una squadra sportiva. Le barriere fisiche sono relativamente facili da battere con l’aiuto della tecnologia, ma le barriere mentali sono le più resistenti: sono fatte di vuoti: parole non dette, gesti non fatti, attenzioni non date, considerazione negata. Si tende spesso a ignorare il problema, quando invece ci sarebbe da chiedersi quale sia poi questo “problema” e soprattutto di chi sia il problema. Io non sono un problema, adesso lo so, soprattutto grazie all’amore dei miei familiari. Io sono una persona, ed ero una bambina quando ho dovuto imparare questa dura lezione.

 

Ho espresso questo mio disagio a mamma e papà, che mi sono sempre stati vicini e mi hanno sempre sostenuta negli sport e nelle passioni che mi hanno coinvolta, e così io e papà abbiamo pensato che si potesse sensibilizzare la gente attraverso una gara ciclistica, anzi, una pedalata tutti insieme! Abbiamo pensato di coinvolgere i nostri compagni della cicloturistica, ed il nostro progetto ha iniziato a realizzarsi, con l’aiuto di amici vicini e lontani, sponsor solidali e soprattutto tanta voglia di stare insieme e di cambiare le cose.

Ho sempre amato fare sport e l’ho sempre praticato: nuoto, ballo, pallavolo… non sono mai riuscita a stare ferma! Ma la mia vera passione da qualche anno è diventata il ciclismo, un’attività divertente da praticare in piccoli o grandi gruppi, ma anche da soli perché no. Certo non è il mio caso! Infatti la cosa che amo di più del ciclismo è proprio il fatto che si stia in gruppo, condividendo momenti unici con persone che hanno le stesse passioni. D’altronde lo sanno tutti che sono una gran compagnona: per me il motto è sempre stato “più si è, meglio è!”.

 

Nonostante qualche difficoltà di carattere tecnico all’inizio, papà e i suoi amici sono riusciti a fare in modo che io avessi una bici fatta apposta per me, che mi permettesse di affrontare al meglio le uscite e le gare alle quali avremmo partecipato, nonché, cosa ancora più importante, la grande impresa che andava delineandosi, ovvero il Giro dei due Mari.

Ricordo ancora quanto ero felice quando l’ho vista per la prima volta, la mia bici, e forse mi sento ancora così ogni volta che sto per iniziare una nuova gara o un nuovo percorso insieme ai miei amici, ma credo che sia stato quello il momento in cui ho cominciato a crederci ancora di più: il sogno stava prendendo forma! Sarei andata in bici con tutti gli altri, insieme al mio papà e a tantissimi amici che mi sostenevano e credevano in me e nella nostra causa.

 

Anche se ne parlavamo da tanto e ci siamo impegnati moltissimo nell’organizzazione, non mi sarei mai immaginata niente di simile: sono stati tre giorni lunghi e meravigliosi con tanti amici che sono intervenuti da ogni parte d’Italia. Non li ringrazierò mai abbastanza per il sostegno che ci hanno dimostrato. Parlo degli amici vicini e di quelli lontani, di chi ha fatto tutto il Giro con noi e di chi si è unito al gruppo soltanto per qualche chilometro; ma i miei ringraziamenti più grandi vanno ai Comuni che ci hanno accolti offrendoci ottimo cibo e bevande rinfrescanti e talvolta persino un palco, qualcuno addirittura dei canti sacri.

 

La partenza ufficiale è avvenuta dal Duomo di Messina, ma non è mancato un adeguato saluto da parte del paese di Castanea, dove il clima di festa era palpabile e molte persone si sono riunite per augurarci un buon percorso e una buona riuscita della nostra iniziativa, incoraggiandoci a iniziare il nostro giro e procedere verso la prossima tappa: la grande inaugurazione del Giro. Così siamo partiti e abbiamo percorso tutto il litorale Tirrenico sulla statale 113, spostandoci su quello Ionico all’altezza di Faro, fino ad arrivare alla nostra prima destinazione. Piazza Duomo a Messina.

 

Appena arrivati siamo stati accolti in pompa magna da tantissimi ciclisti e personalità di spicco: si è parlato di abbattimento delle barriere fisiche e mentali, di creare una mentalità solidale e papà ha espresso la propria gioia e anche una certa commozione nel vedere una tale folla lì per noi, piena di persone desiderose di porre le basi per attuare una politica di abbattimento delle barriere che non dovrà essere un caso isolato, ma uno stile di vita, perciò si parla soprattutto di barriere mentali. Una nuova forma mentis che serva da condizione necessaria per ottenere una città a disposizione e misura di tutti i cittadini.

 

È stata una bellissima partenza, suggellata dalla consegna di un Gagliardetto, ovviamente di cuoio, che abbiamo consegnato al sindaco e poi successivamente a tutti gli altri sindaci, come promemoria che serva a ricordare loro l’impegno preso, ovvero di abbattere una barriera architettonica entro l’anno. A questo viene aggiunto un portachiavi a forma di rinoceronte, che è la primissima mascotte del giro e rappresenta al meglio l’abbattimento fisico delle barriere. Un inizio davvero spumeggiante, esplosivo, traboccante di voglia di fare ed energia, per dimostrare davvero a tutti cosa si può fare con la semplice forza di volontà. Abbiamo fatto davvero molto finora e faremo sempre di più.

 

Molte persone con ragazzi diversamente abili non accettano tale realtà e nascondono i figli, questi invece che essere visti come problemi dovrebbero essere valorizzati come risorse, che ci permettono di diventare persone migliori attraverso il loro esempio. Credo che questo sia un messaggio molto importante da veicolare, ovvero che spesso una realtà apparentemente problematica e senza via d’uscita può rivelarsi la più grande opportunità per cambiare in meglio e apprezzare la vita nella sua pienezza.

 

A proposito della vita che ci è stata donata e del dovere che ognuno di noi ha di vivere appieno ogni passione, vorrei spendere qualche parola, in particolare, per tre ragazzi eccezionali che hanno voluto unirsi a noi in occasione della seconda edizione del Giro: Salvatore, Dario e Giuseppe. Perchè, vi chiederete, sento il bisogno di parlarvi di loro? E la risposta è presto detta: questi tre eccezionali ragazzi si sono uniti a noi per tutta la durata del Giro, a bordo delle loro incredibili handbike. Sì, avete capito bene: tre ragazzi paraplegici che guidavano bici mosse a forza di braccia e con un assetto completamente diverso da una bici tradizionale. Che dire? Chi meglio di loro può costituire la prova vivente del fatto che con la forza di volontà si può superare qualsiasi ostacolo? Uno dei motociclisti amici di mia sorella, che ci hanno scortati con le moto per gran parte della seconda edizione, si è addirittura commosso ed ha pianto per l’emozione quando li ha visti raggiungere il santuario del Tindari. Questi sono i momenti per i quali vale la pena vivere e combattere ogni giorno, queste sono le emozioni vere, quelle che muovono il mondo e fanno sì che le cose cambino.

 

E il mondo si è mosso davvero; si è mossa la nostra realtà: Salice, il paese di Padre Peter, sempre affettuoso ed estremamente disponibile, alla guida di una comunità meravigliosa ed altruista che ha dato un grande esempio abbattendo le barriere architettoniche della chiesa e della canonica, come del resto il Comune di Torregrotta, che oltre ad accoglierci col cuore aperto e la solidarietà cristiana che contraddistingue le nostre piccole comunità, ha voluto rendere la piazza della propria chiesa ancora più bella, perchè accessibile a tutti e da ogni lato. Tutti si sono mossi per migliorare la realtà di chi spesso nella vita aveva conosciuto solo l’emarginazione e la vuota pietà.

 

Vorrei ancora cogliere quest’occasione per ringraziare tutti coloro che ci hanno sostenuti, seguiti e supportati, permettendoci di raggiungere questo grande traguardo e di donare anche qualcosa di concreto, come la sedia che da quest’estate è all’Oasi Azzurra a disposizione di chi, pur essendo in carrozzina, non vuole rinunciare al piacere di un bel bagno nel nostro splendido mar Tirreno. Ringrazio anche le comunità, gli amici, gli sportivi, le forze dell’ordine, che con il loro affetto ed il proprio impegno, insieme a tanti altri gesti del cuore, ci hanno permesso di ricevere e donare, a nostra volta, qualcosa di immenso: la speranza di un mondo migliore.

 

Oltre all’accoglienza da parte delle comunità e la generosità degli sponsor che ci hanno sostenuti e continuano a sostenerci nella nostra iniziativa, non posso fare a meno di pensare a chi mi ha aiutata ad essere presente sui social, Massimiliano Milazzo, braccio destro di mio padre in quest’avventura, che si è sempre occupato di tutti gli aspetti inerenti la diffusione e distribuzione delle news, e che ha curato personalmente i documentari che abbiamo avuto il piacere di guardare, rivivendo così grazie a lui le più belle emozioni del Giro!

 

Questa prima tappa che ci ha visti pedalare, con varie soste, da Castanea a Francavilla attraverso Messina e la riviera Ionica, è stata lunga, davvero dura ma anche meravigliosa. La salita di Sant’Alessio mi sembrava impegnativa finché non ci siamo ritrovati a misurarci con quella di Sella Mandrazzi, che è stata in effetti la più dura. L’abbiamo affrontata nel migliore dei modi, con un gruppo coeso e affiatato, ma soprattutto con la voglia di affrontare questa sfida tutti insieme.

È stata un’esperienza a dir poco elettrizzante, avvincente ma soprattutto emozionante dal punto di vista umano: ho visto persone spingersi a vicenda, aiutarsi e farsi forza anche solo con un gesto o un semplice sguardo, che spesso valgono più di mille parole.

Essere un gruppo significa anche e soprattutto che nessuno viene lasciato indietro, mai. Vuol dire avere fiducia gli uni negli altri, una fiducia che si rafforza e si rinnova un chilometro dopo l’altro, un tornante dopo l’altro, una pedalata dopo l’altra.

 

La conclusione del primo giorno di giro è stata per noi un grandissimo traguardo e allo stesso tempo l’inizio di qualcosa di veramente speciale, unico e autentico. Quella sera abbiamo avuto modo e tempo di rilassarci, rifocillarci e ripensare ai bei momenti passati insieme durante la giornata, guardando alle nostre fatiche con grande soddisfazione.

 

Se ci pensiamo bene forse anche la vita è un po’ come una gara, come un percorso o una maratona. E noi dobbiamo correre, dobbiamo tenere il passo perché lei non si ferma e dobbiamo inseguirla, vivere con gioia imparando da tutto e tutti, traendo il meglio da ogni esperienza. Forse potremo scegliere a che velocità andare, forse non importa quanto si va veloci, il vero danno lo faremmo fermandoci: che sia fermarsi all’apparenza o smettere di inseguire i propri sogni, significherebbe perdersi il meglio della vita.

La vita va vissuta appieno nelle sue gioie e nei suoi dolori, nella pienezza del tutto, perché tutto è un miracolo. Forse avere un cromosoma diverso dopotutto è stato un dono di Dio, e come tutti i doni di Dio all’inizio era incomprensibile.

Sono sempre stata molto legata alla religione e al mio lato spirituale e credo che questo mi abbia dato la forza di andare avanti e vedere le cose nella giusta prospettiva, con la consapevolezza che Dio è grande e ha un piano per tutti noi.

 

Il secondo giorno siamo stati accompagnati dalla pioggia per 8 chilometri, da Francavilla a Badia Vecchia, ma ciò non ci ha fatto assolutamente vacillare, anzi, tutt’altro. Dopo una piacevolissima deviazione verso Falcone per un ristoro a sorpresa da parte del sindaco e dei cittadini, che ci ha fatto enormemente piacere, siamo partiti alla volta di Tindari, raggiungendo il santuario in serata, tra la fatica e la gioia di andare sempre avanti insieme e di avercela fatta per la seconda volta. Abbiamo successivamente festeggiato con un’ottima cena da Pane e Vino, completa di tutto ciò che serve: un’accoglienza gioiosa, amici affettuosi, buon cibo e soprattutto tanta allegria.

 

Sono estremamente felice dell’atmosfera di fratellanza e gioia che si è creata intorno al Giro perché credo che le barriere si abbattano stando insieme agli altri, in mezzo agli altri. La nostra è una famiglia molto unita, lo è sempre stata ma lo è diventata di più da quando ci sono io, e ho imparato da mia madre, mio padre, mia sorella, i miei zii, i miei cugini e i miei affettuosissimi nonni che l’amore dei cari è il dono più prezioso che abbiamo in questa vita.

 

La terza e ultima tappa del giro ci ha visti partire da Tindari per tornare a Messina, ovviamente dopo la benedizione di tutti i ciclisti, che si sono dati appuntamento nella splendida piazza. La chiusura di un percorso segnato dalle intemperie, ma anche da una grande sensazione di benessere e soddisfazione, che si evince e trapela facilmente delle immagini e dei video scattati e girati durante la giornata.

È stato davvero un momento meraviglioso, soprattutto quando nella discesa di Tindari ci siamo sorpresi nel vedere che si univa a noi tantissima gente: ciclisti professionisti e ciclisti della domenica, ragazzi, bambini, anziani, donne… fino ad arrivare a più di un centinaio di persone in bici insieme a noi. Da Terme Vigliatore a Merì, passando per Giammoro, dai nostri carissimi amici di Graphicarte, non abbiamo dimenticato di salutare proprio nessuno.

 

Arrivati a Torregrotta ci aspettava un’accoglienza estremamente spirituale, che ci ha commossi e riempito il cuore di gioia: i fedeli della parrocchia si sono riuniti per intonare dei canti e il prete, un uomo particolarmente sensibile amorevole, ci ha dedicato un meraviglioso discorso, scaldandoci il cuore e facendo scappare anche qualche lacrima ai più sensibili tra noi. Probabilmente quella di Torregrotta è stata la sosta più commovente ed intensa dal punto di vista spirituale, infatti ci siamo commossi sia io che mamma e papà, e sono molto fiera di come mio padre, specialmente in quel momento, ha dato voce ai miei pensieri, non lo dimenticherò mai.

 

Da Torregrotta Siamo saliti a Portella passando per Villafranca e sfidando la salita di Gesso per poi radunarci con tutti gli altri ciclisti ai Colli San Rizzo, il primo anno, e da Salice il secondo, in modo da fare un ingresso trionfale nel mio paese, Castanea, tutti insieme, ovviamente non prima di aver attraversato nuovamente il punto di passaggio stavolta tra il Tirreno e lo Ionio.

 

L’arrivo in paese è stato a dir poco spumeggiante: siamo stati accolti dai nostri compaesani in festa, ma ancora di più lo è stata la chiusura definitiva di questa meravigliosa esperienza, che è avvenuta all’ Oasi Azzurra di San Saba.

Una conclusione quasi pirotecnica, che lo è diventata, nel senso più letterale del termine, in occasione dell’edizione successiva, ovvero quella che abbiamo vissuto insieme quest’estate, il cui ricordo resterà indelebile.

 

Siamo felici di aver comunicato qualcosa alle persone, ovvero che l’abbattimento delle barriere mentali deve avvenire giornalmente, in ognuno di noi e con costanza. Ed è proprio per questo che durante la seconda edizione abbiamo voluto porre maggiormente l’accento sulla questione delle barriere mentali oltre che fisiche.

Un’esperienza bellissima, commovente, faticosa ed estremamente soddisfacente, Un impegno che si rinnova ogni giorno e non si riduce soltanto al periodo estivo.

Né io, né mamma, né papà avremmo mai immaginato una tale affluenza e un tale sostegno, che non hanno mancato di rinnovarsi e diventare ancora più forti quest’ultimo anno e speriamo non manchino nella prossima edizione.

 

Vi aspettiamo numerosi!